Vista
la poca personale disponibilità di tempo questa settimana, a cui si
somma l’entra in vigore dell’ora legale, eviterò il solito
riassunto della settimana ed andrò direttamente alla presentazione
del certificato.
Vi
dico solo, al volo, che ora, dopo aver accumulato molta liquidità
come ho scritto in praticamente tutti i post degli ultimi mesi, sto
entrando con un tasso constante settimanale su prodotti che ritengo
interessante. Quello che segue è uno di questi in cui sono entrato
proprio alla chiusura di venerdì.
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Sembra che, mentre i
mercati finanziari attendono con ansia l’annuncio del 2 aprile da
parte dell’amministrazione Trump, il dibattito su dove convenga
investire si fa sempre più acceso. La dichiarazione di Trump, che
prevede nuove tariffe per riportare “soldi e rispetto” agli
Stati Uniti, ha generato un clima di sospensione, con Wall Street che
fatica a trovare una direzione chiara. Dopo settimane di ribassi, il
mercato azionario ha segnato un lieve recupero, ma senza slanci
significativi.
A pesare su questa
incertezza è anche il rallentamento degli utili aziendali. Colossi
come FedEx e Nike hanno presentato prospettive inferiori alle attese,
attribuibili in parte al clima di instabilità politica ed economica.
La Federal Reserve ha risposto a questo scenario lasciando invariati
i tassi di interesse, ma ha rivisto al ribasso le stime di crescita
del PIL per il 2025, alzando al contempo le previsioni di inflazione.
Diciamo inoltre che,
a livello di stagionalità, dovremmo essere verso la fine del ciclo
ribassista e, per chi come me ha in questi ultimi mesi accumulato
liquidità, è arrivato il momento di iniziare a rientrare con
gradualità, con gli strumenti giusti e soprattutto attendendo i
segnali d’inversione di tendenza.
Di fronte a questa
situazione, l’Europa ha preso una strada diversa, con la Germania che
ha varato un massiccio piano di stimoli fiscali. L’approvazione di un
pacchetto da 500 miliardi di euro per le infrastrutture e un aumento
delle spese per la difesa fino al 3% del PIL testimoniano un cambio
di rotta significativo. Si stima che il totale degli stimoli fiscali
possa raggiungere i 1000 miliardi di euro nei prossimi anni, segnando
una svolta per un Paese storicamente vincolato a politiche fiscali
restrittive.
Queste misure stanno già influenzando i mercati finanziari, con gli investitori che si riversano sui titoli del settore della difesa. Tuttavia, l’entusiasmo rischia di alimentare una bolla speculativa, con alcune azioni che hanno già moltiplicato il loro valore fino a dieci volte dall’inizio del conflitto in Ucraina. Sapete che, in tempi non sospetti, in questo blog sono state suggerite diverse strategie su questo settore, ma ora sto riducendo l’esposizione o vendendo metà delle esposizioni dirette come azioni o tracker, o portando in autocall i certificati e non rinnovandoli.
Sempre in Europa, la
BCE si trova ad affrontare nuove pressioni, che potrebbero limitare
ulteriori tagli ai tassi d’interesse.
Se da un lato
l’America continua a essere una destinazione privilegiata per gli
investitori globali, dall’altro emergono rischi significativi.
Secondo alcuni analisti, le politiche economiche di Trump potrebbero
accelerare un processo di trasformazione radicale, simile a quello
avviato da Krushchev e Gorbaciov nell’URSS. La riforma dei rapporti
economici e il protezionismo potrebbero avere effetti imprevedibili,
con il rischio di un’erosione del ruolo dominante del dollaro e una
maggiore volatilità dei mercati.
La sovrapposizione
tra un mercato azionario sopravvalutato e un dollaro artificialmente
forte potrebbe generare un’ulteriore instabilità. Un’eventuale
perdita di fiducia nel debito statunitense, combinata con tensioni
geopolitiche, potrebbe tradursi in un’accelerazione della fuga di
capitali.
La strategia di
questa settimana investe proprio sul settore che per definizione
unisce i vari continenti: quello del trasporto aereo.
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L’incidente verificatosi all’aeroporto di Heathrow ha portato volatilità sul settore che merita di essere sfruttata, ma sempre con molta prudenza come il prodotto riportato ci permette:
Mercati in bilico tra incertezze politiche ed
economiche
La settimana finanziaria si è chiusa con una nuova ondata di
incertezze per i mercati, dominata dalle politiche
dell’amministrazione Trump e dalle ripercussioni sulle principali
variabili economiche globali. Da un lato, le tensioni sui dazi e le
strategie monetarie statunitensi hanno condizionato Wall Street;
dall’altro, il rallentamento della crescita e il timore di una
possibile stagflazione pongono interrogativi sul futuro
dell’economia.
Il peso dell’incertezza tariffaria
Secondo le analisi sui mercati, Wall Street ha registrato la
quarta settimana consecutiva di ribassi, con il Nasdaq 100 che ha
subito un drawdown del 15% prima di recuperare parzialmente.
L’incertezza legata alle politiche tariffarie di Trump,
caratterizzate da continui annunci e rettifiche, sta penalizzando gli
investitori. L’amministrazione, piuttosto che concentrarsi sui
mercati azionari, sembra dare priorità all’andamento dei
rendimenti obbligazionari, del dollaro e del petrolio.
Nonostante i dati sull’inflazione negli Stati Uniti siano
risultati inferiori alle attese, i mercati non hanno reagito
positivamente. Il motivo è che, mentre i numeri attuali sono
contenuti, le tariffe imposte potrebbero portare a un aumento
generalizzato dei prezzi nei prossimi mesi. Questo effetto potrebbe
essere amplificato dal deprezzamento del dollaro, che renderebbe le
importazioni più costose e aumenterebbe l’inflazione interna.
Parallelamente, l’amministrazione sta valutando l’introduzione
di “military bonds”, obbligazioni a lungo termine o perpetue da
vendere agli alleati per finanziare la difesa statunitense. Questo
strumento potrebbe avere implicazioni rilevanti sui mercati
obbligazionari e sulla strategia fiscale del governo.
Inizialmente, le aspettative sui mercati erano ottimistiche, con
la prospettiva di una crescita sostenuta grazie a tagli fiscali e
politiche di deregolamentazione. Tuttavia, negli ultimi mesi,
l’attenzione si è spostata sugli aspetti negativi, come le
restrizioni all’immigrazione e l’imposizione di dazi su larga
scala.
Di seguito riporto un simpatico grafico che mi ha inviato un
consulente finanziario che ci fa riprendere contatto con la realtà,
con buona pace dei turbo-trampiani che non capivano la differenza tra
i tweet di personaggi eccentrici e le dinamiche geopolitiche e
geoeconomiche:
Uno degli effetti di queste politiche è il rallentamento della
crescita, che avviene in un contesto in cui l’inflazione, pur non
essendo elevata, sta diventando una preoccupazione persistente.
Questo scenario ha alimentato timori di stagflazione, ovvero una
combinazione di crescita lenta e inflazione elevata, che storicamente
ha avuto un impatto negativo sui mercati finanziari.
Questo timore, secondo me, può e deve essere sfruttato per chi ha
una visione di più lungo periodo acquistando obbligazioni su tutta
la curva ed in particolare sulla parte lunga.
Un altro elemento di incertezza è il comportamento della Federal
Reserve. A differenza di periodi passati in cui la banca centrale ha
adottato misure di stimolo in risposta a politiche fiscali
restrittive, l’attuale Fed si mantiene cauta, evitando di
compensare le azioni del governo con tagli ai tassi di interesse.
Questo potrebbe contribuire a un ulteriore rallentamento
dell’economia nei prossimi mesi.
Nonostante la recente correzione dei mercati azionari, il quadro
economico non è del tutto negativo. Alcuni fattori, come le misure
di stimolo adottate da Europa e Cina, potrebbero fornire un supporto
alla crescita globale. Tuttavia, l’introduzione di nuove tariffe,
attese a partire dal 2 aprile, potrebbe portare a una nuova fase di
turbolenza nei mercati.
In sintesi, i mercati restano sospesi tra il peso delle incertezze
politiche e l’attesa di misure concrete che possano stabilizzare lo
scenario economico. L’evoluzione delle politiche tariffarie e
l’atteggiamento della Fed saranno determinanti per capire la
direzione futura dell’economia globale.
Ora secondo me, per
chi come me ha accumulato liquidità fino ad oggi (chi mi segue lo
sa), può essere giunto il momento di iniziare a rientrare sul
mercato gradatamente: scegliendo i titoli giusti e le strategie
giuste.
Settimana
estremamente interessante sui mercati sia azionari che
obbligazionari. Partiamo dall’articolo della settimana scorsa dove
avevo vivamente consigliato di attuare per lo meno una qualche
strategia di copertura dei propri portafogli esposti all’azionario.
Diciamo che la stagionalità della seconda metà di febbraio e che
dovrebbe estendersi circa fino al 20 di marzo per adesso è
rispettata. Questa probabilmente è l’unico trend che ha rispettato
le aspettative, perché per il resto il mercato rimane veramente
imprevedibile più del solito.
Malgrado la riduzione di un quarto di punto da parte della Banca Centrale Europea (taglio ampiamente previsto), il mercato dei bond europei ha visto un brusco ripasso dei pezzi, o se volete un netto di rialzo degli interessi come avevo spiegato in questo articolo: “Perché puntare oggi sui titoli di stato francesi” e tra poco ci torneremo con un’altra strategia.
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portare avanti o meno questo blog visto che ormai gli impegni sono
tanti e che questa attività, anche se può non sembrare, richiede un
considerevole sforzo ed ha senso solo se sarà auto-sostenibile.
Torniamo ora all’argomento della settimana.
Il trend del taglio dei tassi da parte della BCE è il seguente:
Fatemi
iniziare con una piccola novità per questo sito: da oggi, per chi
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Veniamo ora a ciò che è successo nell’ultima settimana di
febbraio, visto che è stata caratterizzata da eventi geopolitici ed
economici di grande impatto. La clamorosa rottura tra Donald Trump e
Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca ha scatenato reazioni immediate
nei mercati e nelle relazioni internazionali. Il presidente ucraino
chiedeva garanzie di difesa dagli Stati Uniti in cambio dell’accordo
sui minerali, ma la risposta americana è stata negativa, portando a
un acceso confronto in mondovisione. La tensione si riflette anche
nei rapporti tra Washington e Bruxelles, con un crescente distacco
tra l’amministrazione Trump e la leadership europea, in particolare
Ursula von der Leyen.
Parallelamente, l’economia statunitense sta affrontando
un’inattesa revisione al ribasso delle stime di crescita. La Federal
Reserve di Atlanta prevede un PIL negativo del -1,5% per il primo
trimestre, in gran parte a causa di una corsa alle importazioni prima
dell’entrata in vigore dei dazi. Il rallentamento è aggravato
dall’incertezza sulle politiche tariffarie e dai tagli al settore
pubblico, che stanno generando un clima di cautela nei consumi.
Tuttavia, alcuni analisti invitano alla prudenza nell’interpretare
questi dati, suggerendo che la frenata potrebbe essere temporanea.
Anche i mercati finanziari risentono di questo clima instabile.
Nonostante Nvidia abbia riportato una trimestrale positiva, il titolo
ha subito una flessione dell’8%, segnalando aspettative
eccessivamente elevate nel settore tecnologico. Le cosiddette
“Magnifiche 7” (le big tech americane) hanno avuto un inizio
d’anno difficile, mentre gli investitori stanno guardando con
crescente interesse ai mercati europei e cinesi. Inoltre, il
sentiment degli investitori è estremamente negativo, con un
pessimismo diffuso che, paradossalmente, potrebbe preludere a un
rimbalzo dei mercati.
Secondo l’analista Alessandro Fugnoli, la nuova amministrazione
americana sta adottando una strategia economica mirata a ridurre la
spesa interna e spingere altri paesi, soprattutto Europa e Cina, a
politiche fiscali più espansive. La minaccia di dazi, più che un
fine, sembra essere uno strumento di pressione per ridisegnare gli
equilibri commerciali globali. Se questa strategia si concretizzerà,
potremmo assistere a una fase di rallentamento temporaneo negli Stati
Uniti, compensata da un rilancio economico altrove.
Io, più modestamente, ritengo che alla fine del mandato di Trump,
la bilancia commerciale USA continuerà ad essere ampiamente negativa
se non addirittura peggiore di quella attuale. Se così non fosse
significherebbe che gli USA si priverebbero della centralità del
dollaro, grazie alla quale domina il sistema economico globale e che
gli ha permesso di uscire dalle ultime crisi finanziari.
Insomma, comunque la si pensi, sembra che la “sbornia Trump”
stia terminando sui mercati e, per chiunque abbia vissuto un po’,
sappiamo come ci si sente nel dopo sbornia!
Ricordo inoltre che i gestori hanno il minimo di liquidità nei
portafogli dal 2010, questo tradotto significa che tra un po’ non
potranno più comprare e sostenere i prezzi.
Per questo motivo penso che sia il momento di aumentare la
liquidità in portafoglio e/o coprirsi con posizioni ribassiste.
Venerdì, ad esempio, ho aperto una posizione short sul FTSE-MIB.