Vista
la poca personale disponibilità di tempo questa settimana, a cui si
somma l’entra in vigore dell’ora legale, eviterò il solito
riassunto della settimana ed andrò direttamente alla presentazione
del certificato.
Vi
dico solo, al volo, che ora, dopo aver accumulato molta liquidità
come ho scritto in praticamente tutti i post degli ultimi mesi, sto
entrando con un tasso constante settimanale su prodotti che ritengo
interessante. Quello che segue è uno di questi in cui sono entrato
proprio alla chiusura di venerdì.
Prima,
come al solito, vi ricordo che chi
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L’attuale
scenario internazionale si configura come un complesso intreccio di
politiche commerciali, tensioni geopolitiche e sfide economiche, in
cui le scelte in ambito tariffario e monetario stanno tracciando la
rotta di una nuova era post-bellica. Da un lato, l’amministrazione
Trump ha cercato di imporre un regime di tariffe “reciproche” –
riassunto nella celebre formula “Whatever Countries charge the
United States of America, we will charge them – No more, no less!”
– con l’obiettivo di replicare le misure commerciali adottate
dagli altri Paesi. Tale strategia non si limita a colpire le tariffe
classiche, ma si estende anche alle barriere non tariffarie, come i
sussidi sleali, i regolamenti discriminatori e, in particolare,
l’IVA, che in Europa raggiunge una media del 21,8%. Questa misura
potrebbe avere ripercussioni notevoli sul commercio internazionale,
evidenziando una profonda divergenza di approcci tra la leadership
statunitense e quella europea, dove la frammentazione dei governi
nazionali complica una risposta unitaria.
Parallelamente, il panorama economico è segnato dall’evolversi
della dinamica inflazionistica in un dopoguerra che, a differenza dei
precedenti, non garantisce un immediato ritorno alla stabilità dei
prezzi. Sebbene la tradizione storica suggerisca che la pace porti a
una disinflazione, l’esperienza degli Stati Uniti nel 1946-47 ha
dimostrato come il passaggio dalla guerra alla pace possa innescare
ondate inflazionistiche significative. Oggi, l’inflazione
statunitense si attesta attorno al 3% – con un’attenzione
particolare alla componente core che raggiunge il 3,3% –
evidenziando che il decollo dei prezzi, pur moderato, è un fenomeno
da monitorare attentamente per evitare un’autoalimentazione delle
aspettative inflazionistiche.
Un’immagine che mi è stata inviata da una persona che stimo
molto, mi ha fatto notare un’analogia inquietante con l’andamento
dell’inflazione degli anni ‘70. Meditate gente, meditate:
Il contesto geopolitico aggiunge ulteriori complessità: mentre
gli USA avanzano nel loro dialogo diretto con attori come Putin,
escludendo l’Europa da certi canali di negoziazione, quest’ultima
si trova a dover rinegoziare non solo le proprie politiche tariffarie
ma anche a fronteggiare la necessità di un riarmo e di un incremento
della spesa militare. La pressione degli Stati Uniti, che richiede
all’Europa un impegno in termini di capacità difensiva, si
accompagna alla prospettiva di sanzioni tariffarie in caso di mancata
collaborazione. Allo stesso tempo, sia in Europa che in altre grandi
economie, l’espansione della spesa pubblica per armamenti e per la
ricostruzione post-conflitto viene finanziata principalmente
attraverso l’indebitamento, in un contesto politico in cui nuove
tasse risultano impopolari e difficili da introdurre.
In definitiva, il mosaico internazionale si presenta come una rete
intricata di decisioni strategiche, dove le politiche
protezionistiche e le misure di stimolo economico devono bilanciarsi
per contenere l’inflazione senza frenare la crescita. Le banche
centrali, da parte loro, sembrano disposte a tollerare un’inflazione
attorno al 3% per sostenere il percorso di espansione, pur rimanendo
vigili sul rischio di un’ulteriore divergenza delle aspettative.
Tale equilibrio delicato tra commercio, sicurezza e politica
monetaria definisce la sfida di un dopoguerra che si distingue
nettamente dalle esperienze passate.
Data questa
situazione, io sto aumentando ancor di più la componente di
liquidità o liquidabile in poco tempo. Per il resto apro solo
posizioni tattiche come quella di seguito.
Prima, come al
solito, vi ricordo che chi volesse contribuire al proseguimento di
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In particolare, mi
sto concentrando sul fenomeno dell’aggregazione bancarie ed il
prodotto che ho selezionato è il seguente:
Oggi facciamo un check delle nostre strategie d’investimento. Anche se sono passati poco più di due mesi dal nostro primo post, si possono già tirare le prime somme.
Partendo dal primo appunto, siamo tornati più volte sulla nostra visione di bassa inflazione e l’obbligo da parte della BCE di continuare nelle politiche espansive. Un’ulteriore conferma la trovate qui bella fresca!
Non ci eravamo però limitati a fare considerazioni macroeconomiche astratte, ma dato consigli operativi coerenti con la nostra view indicando due ETF obbligazionari europei. Vediamo com’è andata:
Ormai lo sapete: a noi non piace né seguire il mainstream né fare i profeti contrarian a tutti i costi. Siamo degli agnostici, non ci innamoriamo mai di nessuna idea, non abbiamo nessun interesse a deformare la realtà: la guardiamo in faccia e cerchiamo di capire come far profitti.
Questa premessa è d’obbligo visto l’argomento che affronteremo in questo post. Abbiamo messo nel mirino due banche: Banca Popolare dell’Emilia Romagna e Banco BPM.
Per parlare di banche però è necessario capire un po’ il contesto in cui ci muoviamo. Non andiamo troppo indietro nel tempo, ci basta quest’estate: dopo aver fatto fallire 6 banche nel giro di qualche mese (Banca delle Marche, Banca Etruria, Carichieti, Cassa Ferrara, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza ) ed aver sostanzialmente azzerato l’azionariato di Monte dei Paschi, con sommo giubilo, ci avevano spiegato che la crisi bancaria fosse finita e si potesse tornare a fare redditto. Dite che sono troppo generico? Allora riportiamo un paio di dichiarazioni di due personaggi a caso.
Il primo è Visco, governatore di Bankitalia (che non si è accorta di come sia iniziata ma sa benissimo che ora è finita):
La soluzione delle situazioni aziendali (ndr banche) dissestate e la ripresa economica stanno dissipando i rischi sulla tenuta del sistema
Ed anche il ministro dell’economia Padoan non era da meno:
Il peggio è alle spalle. Siamo a un punto di svolta che trae origine dalla ripresa economica, senza dimenticare il ruolo cruciale delle riforme
Tutto questo veniva dichiarato all’assembla dell’ABI. Riportiamo la fonte che noi consideriamo “mainstream” qui.
Di fronte a queste personaggi così prestigiosi, che occupano ruoli altrettanto prestigiosi, non avremmo dovuto far altro che tirare un sospiro di sollievo… però…
Però è più forte di noi, per valutare un rischio bisogna che prima cerchiamo di capire come mai le cose fossero andate male e quali ripari siano stati attuati. Così ci siam posti qualche domanda: